Pensi che imparare l’inglese sia difficile? La lezione della bicicletta.

bicicletta difficile

Hai sempre pensato che imparare l’inglese o, più in generale, una lingua straniera sia difficile? Pensi di non essere portato per le lingue? Magari ti stati dicendo che sei troppo vecchio, e che dopo una certa età non è più possibile imparare una lingua straniera. Ebbene imparare l’inglese è proprio come imparare ad andare in bicicletta! Vediamo perché…

Come si fa per iniziare ad andare in bicicletta? Si sale sul sellino, si sta in equilibrio e si inizia a spingere giù prima un pedale e poi l’altro, alternativamente. Poi si stringono le mani sui freni quando si vuole ridurre la velocità e si aumenta il ritmo con cui si spingono i pedali per muoversi più velocemente. Tutto qui. È facile. Che ci vuole? Chiunque, dopo questa spiegazione, potrebbe andare in bicicletta, anche senza esserci mai salito prima. Davvero? Siamo sicuri che una spiegazione su come fare sia sufficiente per poter salire in bicicletta e muoversi? Beh no, non lo è.

Per imparare ad andare in bicicletta, dobbiamo salirci sopra, provare, magari cadere, rialzarci e magari cadere ancora. Dobbiamo prendere la bicicletta e usarla, per poter imparare ad usarla bene. In sostanza è la pratica e l’esercizio che fanno la differenza.

Ma come faccio se non sono capace? Rischio di farmi male… La cattiva notizia è che non c’è altro modo se non mettermi a provare. La bella notizia è che, con un po’ di pazienza e senza troppi giudizi, i risultati arriveranno abbastanza rapidamente. Un bel giorno, senza che me ne accorga, salirò in bicicletta e potrò arrivare dove vorrò.

L’inglese, come tutte le lingue, va usato. Vi chiederete, ma come faccio a usarlo se non lo so? Sembra una via senza uscita. E allora ecco la lezione della bicicletta: metti le rotelle. Se hai paura di cadere metti le rotelle, fino a quando ti sentirai sufficientemente sicuro per poterle togliere e continuare senza sostegni.

rotelle

E allora se ti è difficile imparare l’inglese metti anche qui le rotelle. SpeakGlishTM è una lingua intermedia fra italiano e inglese, ideata dall’Ing. Luciano Biondo, metodologo dell’apprendimento che fu diversi anni fa uno dei padri del metodo didattico delle Wall Street Institute. Essendo una lingua intermedia, è più facile da apprendere per un italiano e permette di farsi capire fin dalle prime lezioni da parlanti di inglese. Continuando a usarlo, SpeakGlishTM si trasforma “magicamente” in un inglese perfetto! Si tratta infatti di un sistema inventato appositamente per velocizzare i tempi di apprendimento della lingua e soprattutto i tempi necessari per poter iniziare a parlare. Certo, una volta che inizio a pedalare, non devo pretendere di fare subito il Tour de France! Dovrò allenarmi. E così con l’inglese: dovrò esercitarmi, fare pratica, fare attività studiate appositamente per sviluppare tutte le abilità coinvolte nel parlare e comprendere una lingua. In breve tempo inizierò però a farmi capire da parlanti di inglese e ad essere in grado di interagire attivamente con loro. SpeakGlishTM non è una bacchetta magica, ma è uguale alle rotelle che hai usato quando hai imparato ad andare in bicicletta! E’ un sistema studiato per permetterti di superare le tue difficoltà e iniziare finalmente a usare l’inglese!

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Se vuoi saperne di più, sarò lieta di darti maggiori informazioni!

Silvia Clamor

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Il passaggio che serve alle reti di vendita

La capacità di far emergere interessi latenti invece di cogliere semplicemente una serie di richieste che arrivano direttamente o indirettamente dal mercato è il fattore in grado di fare la differenza in una rete di vendita. Oggi sempre di più, in un mercato in cui il web riesce a generare domanda, ma non in maniera sufficiente in molti settori, le reti di vendita sono le uniche ancora in grado di fare la differenza.

Funnel

Come si può far emergere oggi un interesse latente?

Aprendo contatti con i potenziali clienti, coltivando questi contatti, mostrando interesse per la loro persona e il loro lavoro. Poiché è la conoscenza che genera fiducia.

Il dialogo intorno alle possibilità di lavorare meglio genererà la richiesta di un consiglio in quanto l’interlocutore avrà sviluppato fiducia in noi.

Sempre di più l’attività di vendita si sposta sulla capacità di lavorare sulla relazione e sullo sviluppo degli interessi del cliente, piuttosto che sul prodotto.

La nuova frontiera sembra davvero essere quella di un passaggio del venditore DA ESPERTO DEL PRODOTTO A ESPERTO DEL CLIENTE.

 

Vuoi di più dalla vita?

Fare delle previsioni. E’ la tattica militare che ha permesso all’Impero Romano di vincere molte delle sue battaglie: Giulio Cesare saliva sulla migliore altura nei pressi del campo di battaglia, studiava la situazione e dava ordini cercando di immaginare e di neutralizzare le mosse del nemico.

falange romana

Le PMI italiane oggi fanno previsioni, visto che mondo e mercato sono sempre più ostili?
La capacità di mettersi in discussione di fronte al contesto, di affrontare con realismo la situazione superando i propri difetti non è così comune, ma sembra essere la chiave per continuare ad avere successo e, forse, per averne molto più che non in passato.
C’è chi si apre a nuovi mercati, cambia il proprio rapporto con la clientela, inventa e innova, principalmente rischia e cambia.
La spinta parte, in genere, da rendersi conto che qualcosa non sta funzionando a dovere, senza perdere tempo ad incolpare la crisi o il calo dei mercati, ma trovando la soluzione migliore per il proprio settore. Se non si vincono le battaglie, insomma, conviene cambiare tattica.

scacchi

Un esempio, decisamente non banale, di riorganizzazione e rinnovamento è l’avventura che Lucano ha affrontato negli ultimi tre anni: partendo da una situazione di stallo, infatti, in un paio d’anni hanno fatto i fuochi d’artificio, anche in termini di risultati.
L’azienda si è affidata ad una consulenza esterna di alto livello e, una volta definite le problematiche principali, queste sono state affrontate.
La direzione commerciale viene spostata da Firenze a Milano. Roberto Galantini, che ci racconta questa storia, entra come nuovo direttore commerciale e l’azienda cambia il modo di affrontare il mercato.

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Vengono intraprese una serie di azioni per cui può essere necessario un discreto coraggio.
Soprattutto tenendo conto che Lucano è l’archetipo dell’azienda italiana “vecchio stampo”: a conduzione familiare (da 120 anni…), la produzione in una zona splendida ma sperduta del sud, una forte brand identity, ma legata unicamente al prodotto Amaro, consumato nell’unica modalità del finepasto.
Il grande salto è stato iniziare a muoversi in ambienti completamente diversi: il mondo della notte, ad esempio, dove si punta all’entrata di Lucano nel mondo del Cocktail e alla conquista di un target completamente nuovo. Si è inoltre allargato il numero di clienti, mantenendo il prezzo nella Grande Distribuzione, grazie alla vendita del mezzo litro e si è creato un progetto specifico dedicato alla Ristorazione, con un mix di prodotti dedicati, etichette dallo stile esclusivo e moderno che hanno permesso di aprire circa 500 nuovi clienti nei primi 2 mesi.

bottiglie
Testimonial entrante in questo progetto è Bruno Barbieri che sarà ospite d’onore alla prossima fiera Host di Milano.
Ma c’è una mossa imprevedibile che ci ha colpito: la distribuzione del prodotto al mondo dell’horeca bar viene esternalizzata. Come? Si crea una società al 50% con uno dei più grandi distributori italiani di settore che vanta oltre 200 Agenti. Si crea così un reciproco vantaggio di interesse: per Lucano finiscono i problemi di consegne e soprattutto di pagamenti, per la società partner cresce la forza contrattuale, il guadagno e ovviamente il prestigio.

troppi caffè
Tutto questo è nelle possibilità di una qualsiasi azienda italiana solida e lungimirante?
Ce lo auguriamo. Certo serve rischiare, e si potrebbero fare degli errori, ma, se il tuo piano è coerente e ben pensato, c’è la possibilità di autentico successo, oggi più che mai.

Vince la strada dell’orientamento al cliente

Orientamento al clienteSi dice che sviluppare orientamento al cliente aiuti il business aziendale, soprattutto oggi.

Ma cosa significa?

Marco Villa, Amministratore Delegato di Rittal Italia, ci racconta che per la sua azienda questo orientamento ha determinato il raddoppio del fatturato in 10 anni. Rittal, multinazionale tedesca, produce e vende armadi e componenti per quadri destinati alla produzione industriale.

All’inizio degli anni 2000, ci dice, una serie di aziende sane, come la sua, non avevano ancora sviluppato questa attenzione al cliente. Erano concentrate maggiormente su vari aspetti organizzativi, gestionali, logistici e amministrativi.

Solo chi ha cambiato orientamento allora, può vantare un lavoro svolto in controtendenza che ha portato a risultati positivi negli anni. Infine oggi, è necessario affinare ulteriormente questo atteggiamento raggiungendo nuovi livelli strategici.

Fiorisce il fatturato

Di cosa stiamo parlando? Facciamo qualche esempio concreto.
Villa ci racconta che 10 anni fa esisteva un Ufficio Amministrazione Vendite che negli anni si è evoluto completamente. Oggi il Sales Support Office – anche il nome evidenzia le differenze – è composto da numerosi professionisti capaci di offrire servizio ad elevato valore aggiunto. Stiamo parlando di consulenza tecnica, personalizzazione, assistenza in caso di problemi, gestione degli aspetti contrattuali, attività post vendita e soprattutto di interazione costante con i venditori esterni al fine condividere dati utili alla soddisfazione dei clienti e allo sviluppo del business. La soddisfazione del cliente è centrale e viene costantemente monitorata da società esterne che la verificano. In Azienda è stato inserito un Business Excellence Manager il cui scopo è quello di monitorare e proporre azioni correttive relative ai processi di Business. L’eccellenza che Rittal persegue è relativa a 4 aree del Business: Servizio, Prodotto, Competenza, Relazione. L’eccellenza deve essere percepita e riconosciuta dal cliente, e non autoreferenziale.

Ma c’è di più e questo ci sembra degno di nota.
Il principale interesse del cliente è ovviamente lo sviluppo generale dei suoi affari. Rittal sta lavorando proprio su questo obiettivo, per rendere veritiero e concreto il suo orientamento al cliente. Vuole supportarlo per incrementare le sue vendite e produrre meglio ottimizzando i processi costruttivi. Si sta occupando del sell out dei suoi prodotti attraverso una partnership rivolta a tutto il suo business.

Pensiamo a un’azienda che venda assi di legno ai falegnami, che inizi a fornire software per il disegno grafico dei mobili, macchine per il taglio e l’assemblaggio. Oppure, a una che venda preparati per gelato alle gelaterie, che fornisca ricettari, strumenti per il dosaggio e la lavorazione, ma anche un sito internet per farsi conoscere dai clienti e una newsletter per rimanere in contatto con loro. Non sarebbe una buona idea? Rittal fa proprio una cosa del genere.

Il processo di produzione di quadri elettrici che i clienti di Rittal utilizzano è composto da alcuni passaggi fondamentali: la progettazione del quadro, la scelta e l’approvvigionamento dei componenti più appropriati, la foratura delle piastre, l’assemblaggio, il cablaggio, la configurazione finale e ovviamente la consegna. Sino a poco tempo fa Rittal poteva fornire solo le componenti, di livello eccellente, a volte anche premontate, ma nulla più. Una partnership per lo sviluppo del business

Oggi Rittal ha fatto evolvere il proprio prodotto fornendo una completa soluzione di processo – chiamata appunto Next Level – composta da Software di progettazione e ingegnerizzazione del processo produttivo, dalle componenti, e dalle macchine operatrici in grado di realizzare in automatico le lavorazioni del quadro che prima richiedevano lunghe ore di lavoro manuale, comportando un naturale rischio di errori, per non parlare della possibilità di infortuni. Ora sono le macchine operatrici a forare le piastre in base al progetto e a cablare l’intera struttura. Next Level permette al professionista di passare da un processo artigianale ad uno industriale migliorando il suo posizionamento sul mercato.

E’ questa la nuova frontiera del successo commerciale? Sicuramente è una delle frontiere del successo.
Conviene ascoltare chi ha successo, soprattutto se il successo è frutto di merito personale. Marco Villa dopo due anni da tecnico diventa venditore per poter fare qualcosa di più dinamico e stimolante. A 35 anni è già Amministratore Delegato di un’importante azienda per poi passare in Rittal sempre con la carica di Amministratore Delegato, dal 2003. Una persona di successo dalla quale probabilmente tutti possiamo imparare qualcosa.

Perché il tuo sell-out si sta fermando?

L'affluente

Oggi il tuo prodotto entra nel business del tuo cliente rivenditore come l’affluente in un fiume: da quel momento le vendite del tuo prodotto andranno alla velocità del fiume del business di quel cliente.

Sei il Direttore Commerciale di un’azienda produttrice e le tue vendite dipendono soprattutto dai tuoi clienti rivenditori? Forse sei nei guai! Molte aziende ci stanno confermando che, nelle nuove condizioni di mercato, promuovere il sell out dei propri prodotti, presso i clienti rivenditori, diviene sempre più problematico.Il sell out é diventato un gran problema!!!Faremo riferimento a 3 tipologie di “cliente rivenditore“.

PRIMA CATEGORIA: IL PROFESSIONISTA

Il primo tipo di rivenditore è la società, tipicamente piuttosto piccola, che rivende i nostri prodotti come componente più o meno prioritaria dei propri prodotti/servizi. Alcuni esempi potrebbero essere: società di consulenza informatica che rivendono licenze di prodotti informatici specifici a grandi Aziende accompagnandoli con loro servizi professionali, studi di consulenza che aiutano nella gestione di processi aziendali Aziende clienti alle quali rivendono adeguati strumenti funzionali insieme alla consulenza relativa, quadristi ovvero elaboratori di quadri elettrici che rivendono armadi elaborati professionalmente e tanti altri ancora. Possiamo includere in questa categoria anche realtà come i saloni di bellezza che rivendono dei prodotti a complemento dei propri servizi.
Oggi questo rivenditore ha un problema di crisi di lavoro: il suo fatturato sta progressivamente calando. Se il venditore dell’azienda fornitrice, come di solito fa, descrive al cliente rivenditore solo i vantaggi dei propri prodotti/servizi, svolge un lavoro molto poco utile, nel senso che questa azione non ha alcuna efficacia sul sell out del rivenditore, che è ciò che conta davvero. Ricordiamolo, anche se tautologico: se cala il sell out, cala anche il sell in.

SECONDA CATEGORIA: IL RIVENDITORE B2B

Il secondo tipo è il rivenditore puro B2B, i gruppi di rivendita strutturati in filiali e analoghi. Moltissime aziende si servono di questo canale per vendere i loro prodotti non essendo possibile a loro una copertura diretta del mercato. A volte il proprio mercato è totalmente in mano ai rivenditori puri che sono per lo più plurimarca, perciò l’uscita dei propri prodotti è demandata soprattutto ad accordi quadro, e sollecitata da un’azione di stimolo sul campo.
Oggi anche questo rivenditore ha un problema di lavoro: contraendosi il mercato, la concorrenza fra rivenditori puri diventa spietata e rischia di portare al fallimento, perché finisce per giocarsi sul prezzo. Serve a poco parlargli dei pregi del prodotto, un discorso che non risolve il suo (ma anche tuo) problema di riattivare il suo mercato.

TERZA CATEGORIA: IL RIVENDITORE AL PUBBLICO

Parliamo del punto vendita che rivende vari prodotti al pubblico, le catene di negozi di varia tipologia, il Retail in generale. Ovunque si venda al dettaglio e ci siano dei commessi. Per esempio: negozi di articoli per l’ufficio, cartolerie, profumerie, farmacie, negozi di scarpe e abbigliamento, enoteche, negozi sportivi o megastore di elettrodomestici e prodotti elettronici.
Oggi il problema di questo cliente rivenditore è a doppio livello.

A. Il primo problema è non chiudere il punto vendita. Tipicamente questo cliente vive grazie al numero di persone che arrivano da lui. Ma oggi ne arrivano sempre meno. Il corredo scuola si acquista al supermercato (alimentare), si acquista in internet a prezzo super scontato, magari ordinando la tuta per tuo figlio in tre taglie diverse (tanto spedizione e reso sono sempre gratuiti). Insomma nei negozi ci andiamo sempre di meno, eccezion fatta per i grandi magazzini sotto Natale. Il responsabile di un certo produttore, che va a cercare di vendere i propri prodotti in questi negozi o catene, è davvero capace di contribuire alla soluzione di questo primo problema?

B. Il secondo problema è riuscire a vendere ai clienti che ancora entrano. I clienti sono meno e più difficili, perché i tempi sono cambiati: è cambiata la loro psicologia d’acquisto. Vi sono delle nuove costanti culturali, ma anche delle differenze di settore e ovviamente le varianti legate al singolo. I commessi di negozio sono sempre più privi di passione. Certo gestire un contesto in cui i prodotti non si vendono più da soli come una volta, i clienti entrano per informarsi e poi comprano per altre vie, gli interlocutori sono sempre più esigenti, crea demotivazione.
Le aziende produttrici offrono informazione o formazione sui propri prodotti e su come proporli: serve? Solo il commesso deciderà se proporre qualcosa al signor Mario o alla signora Luisa (o se restare semplicemente a guardare) e soprattutto cosa proporre. Il produttore dovrebbe chiedersi: come ottengo che il commesso consigli il mio marchio invece di un altro? Se gli spiego il prodotto e come venderlo ottengo questo risultato?

C’E’ CHI LO FA?

Il dialogo con le Aziende produttrici conferma che oggi il principale collo di bottiglia della loro vendita è il sell out dei propri prodotti presso i clienti rivenditori. Ma troppo spesso le aziende non lavorano affatto sulle vere cause del mancato sell out presso i loro clienti rivenditori. Il problema si è poi aggravato anche a causa di condizioni al contorno specifiche di ciascun settore, e le aziende che lo trascurano rischiano grosso.

PossibleFortunatamente qualche Azienda che abbiamo incontrato ha iniziato a lavorare davvero sul sell out dei propri clienti rivenditori. Vi racconteremo in dettaglio, in prossimi articoli, della loro esperienza e delle strategie individuate per far fronte alla situazione.

Spero possano offrire spunti utili a tutti!

Qual è il principale problema dei Direttori Commerciali?

Questo testo dell’Ing. Luciano Biondo ha avuto oltre 1300 visualizzazioni in pochi giorni dopo la sua pubblicazione su LinkedIn. Penso che il suo tema interesserà molto anche i lettori di Marketing Aideas.

Buona lettura a tutti! quali saranno i Vostri commenti???

1. UN GROSSO PROBLEMA DEI DIRETTORI COMMERCIALI

Sei un direttore commerciale. Devi vendere un prodotto. A che prezzo? Ne fissi uno, ma appena, sei dal cliente, accompagnando il tuo venditore, e vedi il cliente incerto, sei tentato di abbassarlo. È il progresso, bellezza: una volta non succedeva, oggi è la regola. Allora, che prezzo proponi?

“Sì, ma la nostra qualità è più alta” comincerai a pensare. Vero. Ma il mercato è globale e il globo è dannatamente grande: qualunque sia il tuo livello di qualità, c’è sempre uno che, con la stessa qualità, vende a un prezzo inferiore. Ciò genera confusione nei clienti, i quali adocchiano un prodotto a prezzo basso e sperano di aver acchiappato quello eccellente che costa poco. No, non è con la qualità che risolvi il problema di vendere ad un prezzo equo. Allora come fare?

Immagine da Globe Vector Design

2. LA CHIAVE: IL FORMAT COMUNICATIVO

Quello che viene messo sugli scaffali del supermercato (reali, se vendi al consumatore; in senso figurato, se vendi all’azienda o se vendi un servizio) non è il prodotto, ma il Format Comunicativo. L’Aspirina Effervescente e l’Alka Seltzer hanno la stessa composizione chimica, ma una è per il mal di testa, l’altra per il mal di stomaco. I prodotti sono uguali, i Format Comunicativi sono diversi.

Quasi tutti vendono un Format Comunicativo che coincide con la descrizione fisica del prodotto. È un errore, che in tempi passati non incideva, ma che adesso si paga caro. Il prodotto non è legato al marchio, chiunque può produrre un prodotto uguale a prezzo più basso. Il Format Comunicativo è legato al marchio, se è ben costruito è difficile crearne un altro equivalente.

Il Format Comunicativo va costruito. I componenti sono: il marchio, il prodotto, l’ecosistema in cui è venduto, le necessità dei clienti, il servizio, le emozioni suscitabili.

3. SI TRATTA DI VENDERE SOLUZIONI?

No.

Questo è un passaggio successivo. Qualunque Format Comunicativo può essere venduto in tre modi diversi, cosicché il cliente lo percepisca come Oggetto o come Soluzione o come Strumento Assecondante. Sfruttare opportunamente questa triplice possibilità è compito dei tuoi venditori. Compito della Direzione è, invece, mettere loro a disposizione un Format Comunicativo che sia appetibile per il mercato. Il prodotto, normalmente, non può essere cambiato dal Direttore Commerciale, il Format Comunicativo sì; lo si può poi migliorare col tempo, si può anche costruirne più versioni, per diversi segmenti di mercato.

“In fabbrica produciamo cosmetici, nei negozi vendiamo speranza” disse un giorno Charles Revson, fondatore della Revlon. Da lui copio e incollo: sul mercato non viene messo il prodotto, ma il Format Comunicativo. Se, fino ad ora, il tuo Format Comunicativo coincideva con la descrizione fisica del prodotto, avevi perso un’opportunità (ma, per tua fortuna, lo facevano anche i tuoi concorrenti). Oggi l’opportunità, costituita dalla creazione di un Format Comunicativo più valido, è diventata necessità.

Immagine da Oil Gas Journal

4. COME SI COSTRUISCE UN FORMAT COMUNICATIVO VINCENTE?

Per creare il tuo Format Comunicativo, il processo consigliato è il seguente.

  1. Si considera dettagliatamente l’ecosistema dei clienti, attuali e potenziali. Si sceglie un segmento di mercato e se ne definiscono le esigenze.
  2. Si identifica il vantaggio competitivo fondamentale in tale segmento.
  3. Si definiscono i vantaggi dovuti all’immateriale: marchio, servizio, emozioni collegate.
  4. Si crea un “pacchetto” ottimale di vantaggi. Si ricava una versione beta del Format.
  5. Si lavora con strumenti di logica creativa, per trasformare il Format ottenuto in un Format “vincente”.

Quindi si trasmette il format ai venditori. Dal loro punto di vista, il nuovo Format Comunicativo è come fosse un nuovo prodotto da vendere: bisognerà insegnarlo loro, come si è sempre fatto con i nuovi prodotti, ma non vi è nulla di complicato.

H. Harvey Franzesbad – Foto non necessariamente riferita al testo

5. UN ESEMPIO

Un albergo era molto vicino al quartiere fieristico, e come tale veniva proposto alla clientela (manager di aziende), con enfasi sulle camere confortevoli. Lo studio ha permesso di individuare che la clientela potenziale dava per scontata la bontà delle camere, mentre il messaggio di vendita comportava una emotività positiva e una negativa: vicino alla fiera significava anche lontano dal centro città e dalla zona dello shopping. Per distrarre da questo aspetto, rafforzando invece quello positivo, il format è stato modificato in “Il tuo ufficio a 50 metri dalla Fiera”. Sono stati posti in maggiore evidenza servizi già esistenti: collegamenti telematici a larghissima banda, salette riunioni opzionali attrezzatissime, la possibilità di offrire snack caldi negli stand. Le fotografie delle camere, anziché sui letti, sono state centrate sui tavolini e sugli spazi lavoro.

Per concludere, un consiglio, non disinteressato, nondimeno utile: la prima volta, fatti aiutare da un consulente o almeno frequenta un seminario: ci sono tanti professionisti competenti, cui puoi rivolgerti. Non è difficile imparare, ma, da solo, impiegheresti un sacco di tempo in più del necessario, e il compito non è delegabile.

Il futuro: strutture destrutturate

Quando un film prova a darci un’immagine di una grande azienda, ci fanno sempre vedere un palazzo enorme con la direzione al ventesimo piano e sotto tante formichine che lavorano. Così, dovendo recarvi nella sede di Coca-Cola, giudicata la più importante azienda del mondo, forse vi aspettereste di trovare un grattacielo che di piani ne abbia almeno cinquanta…

grattacielo

Nulla di tutto questo. Le faraoniche organizzazioni piramidali fanno parte di un passato che, benché ancora esistente in certi contesti, non è destinato a durare a lungo. Il futuro è fatto di strutture che si costruiscono dal basso e non dall’alto. Piccoli enti, fortemente imprenditoriali, che via via si aggregano per dar vita a joint ventures in funzione di obiettivi superiori; varie joint ventures che a loro volta si aggregano per aumentare le capacità produttive e ridurre i costi e via via a salire verso organizzazioni sempre più grandi. Enti che collaborano intensamente fra loro da luoghi diversi e uniti non da un unico palazzo o da un potere gerarchico, ma dai risultati da raggiungere.

Collaborazione

Non si diventa la prima azienda al mondo replicando il passato. “Coca-Cola ha una organizzazione originale, che funziona benissimo” mi racconta infatti il dott. Tiziano Cameroni, Direttore Commerciale di Coca Cola Italia: un business model che ha la gestione di un solo cliente diretto: McDonald’s. Tutto il resto della distribuzione (perfino clienti come Esselunga) è gestito assieme ad imbottigliatori, che sono aziende produttive indipendenti, talvolta senza nemmeno alcuna partecipazione azionaria di Coca-Cola. Ad esse fanno riferimento circa 1000 Commerciali, di vari livelli e funzioni.

Nave in bottiglia

Le politiche di marketing e commerciali sono decise congiuntamente, trovate i dirigenti di Coca-Cola Italia più spesso presso gli imbottigliatori che in sede, in maniera integrata vengono organizzate le numerosissime riunioni che fanno discendere le informazioni dal livello decisionale a quello esecutivo, attraverso passaggi successivi.

Lo stesso vale se saliamo verso l’alto: la direzione generale ad Atlanta coordina le Regioni, con un occhio sempre attento anche a ciò che accade localmente, come appunto avviene per Coca-Cola Italia. Vi è sempre una comunicazione biunivoca nelle Regioni: senza attendere ordini dall’alto, ci si confronta, si comunicano le idee di successo e si lanciano stimoli verso l’alto e vice versa.

bilanciamento

In Italia abbiamo migliaia di efficientissime piccole e medie aziende, il loro futuro è l’aggregazione spontanea, piramidi auto-costruentesi dal basso, in funzione di risultati: aggregazioni destinate a variare continuamente, perché i risultati che servono variano anch’essi. E ciò vale anche a livello sociale: la nostra storia è quella dei Comuni: anziché basarci su un anziano signore che ci ricorda l’avvenuta imposizione dell’unità nazionale, perché non favorire, come esempio da seguire, l’imprenditorialità sociale autonoma e le aggregazioni spontanee di quelle comunità sociali che si sono dimostrate capaci di organizzare se stesse?

Collaboration

Coca-Cola, con la sua politica di aggregazione volontaria, viene riconosciuto come il marchio più simpatico al mondo. Quale grado di simpatia riscuote l’attuale organizzazione politica italiana? Pensiamoci. Volendo, il futuro può finalmente cominciare anche per noi.

I 3 passi per sedurre il cliente: 1° PASSO

GUIDA PER CONQUISTARE CHI TI INTERESSA CONQUISTARE.

Abbiamo già pubblicato una introduzione ai 3 PASSI PER SEDURRE IL CLIENTE che puoi trovare questo link:

https://marketingaideas.com/2014/04/10/i-3-passi-per-sedurre-il-cliente/

Oggi ti illustrerò il PRIMO PASSO ovvero

5 REGOLE DI BUON SENSO PER CONDURRE L’ALTRO AD ACCORGERSI DI TE

Che tu voglia conoscere un Amministratore Delegato di una grande azienda fra gli invitati ad una festa di Natale, fare una buona impressione ad un colloquio di lavoro, porre le fondamenta di una collaborazione commerciale ad un primo appuntamento con un prospect, hai bisogno di non risultare anonimo, di non essere uno dei tanti che finiscono dimenticati nella massa.
Quindi ti suggerisco di provare a distinguerti in questo modo, applicando 5 regole di buon senso per condurre l’altro ad accorgersi di te:
5 passi
1. Inizia in modo diverso:
A volte può tornare utile rompere schemi consolidati di comunicazione per farci notare da qualcuno. Attenzione però a non risultare troppo originali!
Ecco qualche esempio di come si potrebbe iniziare a parlare con qualcuno in modo diverso:
Primo caso: festa di Natale di un tuo cliente e tu vuoi assolutamente conoscere l’Amministratore Delegato di una grande azienda per la quale vorresti lavorare.
Il classico schema sarebbe quello di farti presentare da qualcuno, ma chissà in quanti lo faranno quella sera. Quello che devi fare allora è trovare alcuni modi originali per attaccare bottone in diversi contesti. Davanti agli affreschi della sala, in fila ad buffet dei dolci, dopo il discorso del presidente, attacca bottone con disinvoltura parlando d’altro. Quello che ti serve è giungere alla giusta prossimità per poter iniziare una conversazione. Le migliori situazioni sono quelle in cui si cammina lentamente e ci si può avvicinare da dietro affiancandosi. Affiàncati, non metterti davanti, per iniziare è meglio. Devi evitare i momenti in cui è occupato in altre conversazioni e questo non sarà facile, ma con un po’ di attenzione ti sarà possibile trovare i giusti spazi.
Secondo caso: il colloquio di lavoro. Qui i margini di manovra sono diversi, ma tu puoi comunque iniziare in modo diverso. Tipicamente iniziare con un aneddoto o con una citazione o una massima è il modo più semplice. Dopo i saluti il selezionatore ti fa una domanda per farti parlare, non importa quale domanda, tu attacchi con la storiella o la citazione e solo dopo arrivi a rispondere. Facciamo un esempio.
Dopo i saluti lui potrebbe chiederti “Dr. Rossi, perché mai vorrebbe lavorare nella nostra azienda?” domanda che tipicamente mette in difficoltà anche i candidati più preparati. E tu con sicurezza potresti rispondere: “Secondo alcuni autorevoli testi di tecnica aeronautica, il calabrone non può volare, a causa della forma e del peso del proprio corpo in rapporto alla superficie alare. Ma il calabrone non lo sa. E perciò continua a volare.” E’ una frase di Igor Ivanovich Sikorsky forse il più famoso progettista areonautico del secolo scorso. Mi sono sempre sentito come quel calabrone nella vita. E’ proprio per questo che…” a questo punto dovresti continuare cercando di dire qualcosa di intelligente, ma intanto sei diventato “quello del calabrone” e ti sei già distinto dagli altri candidati.

A un colloquio di lavoro
Terzo caso: primo contatto con un prospect molto interessante. L’obiettivo è risultare diverso dagli altri fornitori. Come puoi iniziare? Non parlare di te e della tua azienda. Tutti bene o male cascano nella rete del cliente che chiede chi sei e cosa fai e per quale motivo sei andato a trovarlo… tu prova in tutti i modi a non farlo. Se ci riesci, tu sarai diverso dagli altri, almeno per questo.

2. Non più di una frase per dire chi sei:
Chi parla troppo ti annoia vero? e di chi dice un sacco di cose su di sè alla fine cosa ricordi? probabilmente niente di interessante. Ecco perché devi trovare una frase, e non più di una, che dica chi sei, cosa fai e come lo fai. Se avrai un po’ di tempo per parlare, o ti verranno rivolte domande, potrai raccontare qualcosa che avvalori la tua affermazione. Ripeti il concetto più volte, in modo che venga ricordato. Questo vale in ogni situazione relazionale, serve scegliere un focus sul quale attirare l’attenzione, altrimenti l’altro non si accorgerà di te. Dalla presentazione più divertente di un gelataio ad una fiera “Buongiorno, Roberto Latini, il gelato che piace ai bambini”, a quella più professionale “ Buongiorno, Mario Rapetti, produco i forni più grandi in Italia.” Anche se non sei un imprenditore, sono certa che troverai qualcosa che ti distingue, devi trovarlo, serve a far sì che l’altro si accorga di ti e ti ricordi in maniera definita e non indefinita.

3. Lo scopo del contatto deve piacere o incuriosire l’altro:
Per carità evita in tutti i modi le frasi del tipo: “vorrei conoscerla” o “sono venuto per presentare la mia azienda” o “ho una questione di cui vorrei parlarle” etc.
Trova qualcosa che intrighi un po’ il tuo interlocutore.

Incuriosita

Non deve essere una cosa strana, basta che permetta all’interlocutore di mostrare qualche sua dote o capacità specifica. Ecco quindi che funziona chiedere ad un attore emergente di avere una foto in sua compagnia, ad un professore universitario chiedere l’opinione sull’articolo di un collega o un approfondimento di un caso di cui ha parlato a lezione. Per conoscere qualcuno che ha tenuto un intervento durante una conferenza, possiamo avvicinarlo subito dopo e chiedergli di andarlo a trovare per approfondire un tema di cui ha parlato e che ci ha particolarmente colpito. Se vogliamo essere assunti in una determinata azienda, potremmo proprio cercare il modo di incontrare un suo alto dirigente ad una conferenza e di andarlo a trovare in questo modo. Una conoscenza di questo tipo aiuterebbe ad avere informazioni molto utili allo scopo.

4. Racconta fatti, non idee né opinioni:
Torniamo al caso di “Roberto Latini, il gelato che piace ai bambini”. Se il nostro Roberto aggiungesse: “Pensiamo che i bambini siano il cuore della nostra società. Fare qualcosa per loro è la cosa a cui teniamo di più. Fin dai tempi di mio nonno abbiamo sempre lavorato con questa passione nel cuore…” vi colpirebbe?
Non sarebbe forse più efficace qualcosa del tipo: “Solo panna fresca, bastoncini a forma di orsetto, nessun colorante artificiale, tante noccioline caramellate e cereali gustosi” (evidentemente il gelato che piace ai bambini deve piacere anche ai genitori).
E se fossi ad un colloquio di lavoro? Immaginiamo che abbia detto di me che sono “uno che raggiunge gli obiettivi e persegue l’eccellenza”. Dovrei aggiungere perché questa cosa è importante per me e che significato ha nella mia vita, o forse non sarebbe meglio aggiungere che: “Ho preso il massimo dei voti sia al liceo che all’università. Ho vinto le regionali di nuoto agonistico per 3 anni di fila. Ho lavorato all’estero tutte le estati durante l’università e ho un fluente inglese…”???

5. Mostra di esserti informato:
Non “cadere dal pero” è fondamentale. Stupisci l’altro mostrando con discrezione che sai questo o quello su di lui o sull’azienda cui appartiene o sul suo ultimo libro o articolo.

Informarsi
Questo gli darà l’impressione che ci tieni e non sei uno che si avvicina con superficialità. Dal caso più banale di approccio con una collega carina che vorresti conoscere: “Ti vedo tutti i giorni, ti siedi sempre a quel tavolo con la vista sul cortile interno, prendi cibi sani, ma ti concedi un dolce un paio di volte la settimana, sorridi quando ricevi messaggi sul telefono… ” al cliente che vorresti conquistare: “Lo scorso anno Lei è riuscito a erodere una quota di mercato del 5% alla concorrenza nonostante un mercato di settore in recessione. E’ per questo che vorrei lavorare con lei…”

Spero questo articolo ti possa aiutare nelle tue “conquiste”!

Prossimamente gli articoli sul SECONDO  e TERZO PASSO! A presto!

I 3 passi per sedurre il cliente.

GUIDA PER CONQUISTARE CHI TI INTERESSA CONQUISTARE.

I 3 passi della seduzione. Ovvero cosa troverai in questo articolo:  

  • 5 regole di buon senso per condurre l’altro ad accorgersi di te.
  • 4 massime di comportamento per indurre un ricordo positivo.
  • 3 azioni fondamentali per avviare il rapporto.

Tre assi nella manica

Non tutto è possibile. Ovvero cosa non troverai in questo articolo:

  • Formule magiche per far fare agli altri ciò che vuoi.
  • Come far infatuare qualcuno di te (anche se purtroppo a volte questo accade a seguito di una buona applicazione dei suggerimenti di questo articolo).
  • Come diventare un casanova o una femme fatale.

Perché questo articolo:
Sedurre significa letteralmente “se ducere” ovvero portare qualcuno a sé, verso di sé o con sé. Quindi se i tuoi scopi non sono nobili, ti prego di smettere di leggere questo articolo, non vorrei mai diventare tua complice.
Se continui a leggere, invece, sono felice di offrirti qualche spunto per aiutarti a far entrare le persone che desideri, e in modo più efficace, nei tuoi progetti. Nessuno può far niente da solo, gli altri ci servono, per costruire insieme qualcosa o per permetterne un tassello.

Portare a sè

Il cliente:
In questo articolo ti propongo la parola “cliente” in termini molto ampi. Non esclusivamente quelli commerciali che ci fanno immediatamente venire in mente la relazione con un venditore, ma quelli che ci rimandano alla radice stessa del termine. Cliente ha relazione con i verbi latini còlere, coltivare, rispettare, ossequiare e clùo o cluèo, porgo attenzione, do retta. Ciò significa che il cliente è qualcuno che devo trattare in questo modo se voglio che mi segua e in un certo senso mi scelga. Pensiamo all’utilizzo del termine cliente in ambito giuridico, dove questa radice di significati appare forse più evidente rispetto all’ambito commerciale, l’avvocato ha il compito di ascoltare e difendere il proprio assistito, e questo a lui si affida e sceglie di seguirlo. Mi permetto quindi qui di chiamare cliente chiunque io voglia che mi segua o che mi scelga, ma che io sia disposto a corteggiare per primo al fine di ottenere questo risultato.

Il metodo che ti propongo: fai i passi giusti al momento giusto:
Le relazioni fra gli esseri umani si articolano nel tempo. Ecco perché è importante fare le cose giuste al momento giusto.

Tempismo perfetto

I passi che ti propongo per sedurre sono 3.
1° PASSO
C’è un momento, il primo, in cui bisogna riuscire a condurre l’altro ad accorgersi di te.
2° PASSO
Poi c’è uno scambio e bisogna far si che l’altro si ricordi di te in maniera positiva.
3° PASSO
E’ poi fondamentale agire al fine di rafforzare il sottile legame instaurato per avviare un rapporto.

Dedicherò un articolo a ciascuno di questi 3 passi. Spero tanto che ti possano essere utili per il tuo successo personale!

A presto!

Chi ha inventato le emozioni? Terza parte

Studiando la diversità fra vari tipi di emozioni, si è scoperto che tutte le intelligenze, quindi sia l’intelligenza razionale conscia, sia l’intelligenza distribuita inconscia, sono capaci di funzionare in tre modalità radicalmente diverse (nel caso dell’intelligenza razionale, poi, si è potuto ipotizzare anche quali siano le aree cerebrali coinvolte da ciascuna delle tre modalità).
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Le tre attività di pensiero sono state chiamate Pensiero Pratico (nome dato da De Bono), Pensiero Logico (nome ampiamente noto sin dall’antica Grecia) e Pensiero Creativo (nome comune) detto anche (da De Bono) Pensiero Laterale. Non ci soffermeremo sulle modalità di funzionamento di questi tre Tipi di Pensiero, rimandando ai libri che ne parlano, soprattutto quelli di Edward De Bono, di Robert Stemberg e di Luciano Biondo. Ci interessa invece concentrarci sui messaggi che l’intelligenza distribuita invia all’intelligenza razionale e che sono noti col nome di emozioni.
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Anche le emozioni sono di tre tipi. Esistono emozioni pratiche, logiche e creative (il primo a fare questa distinzione è stato De Bono nel suo stupendo corso CoRT, che scrisse quando lavorava in simbiosi con l’Università di Oxford).
Per esermpio, disgusto e piacere sono emozioni pratiche, sono messaggi generati dalla modalità pratica dell’intelligenza distribuita e influiscono sulla parte pratica dell’Intelligenza razionale. Analogamente avviene per le altre due categorie: paura e accettazione riguardano l’attività logica, rimpianto e sorpresa appartengono all’attività creativa.
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Ecco che si apre uno spiraglio sul funzionamento dell’intelligenza distribuita e si comincia a poterne discriminare il funzionamento, malgrado sia inconscia. Ricordiamo che, secondo la metafora introdotta nel primo articolo, che riguardava un tizio che voleva dimagrire, l’emozione è come l’ago della bilancia, mentre l’intelligenza distribuita è come la dieta che fa dimagrire: solo la conoscenza di quest’ultima permette di dominare il processo.
Saltando i passi intermedi, vi diremo che la parte pratica dell’intelligenza distribuita punta a produrre benessere mediante il potere e la superiorità fisica sugli altri e sulle cose; la parte logica vuole predominare mediante la capacità di prevedere il futuro e di adattarsi preventivamente alle situazioni; la parte creativa punta al protagonismo e ad essere il centro dell’attenzione di tutti.
Approfondire tutto questo è possibile, anche se richiede pazienza e desiderio di apprendere. Le applicazioni pratiche di questi studi, cui il Centro Ricerche Psicologiche di Aidea ha dato il nome… un po’ criptico di Cinematica della Mente, son già state molto numerose, riguardano molti aspetti dello sviluppo delle persone e delle organizzazioni e hanno avuto esiti decisamente positivi.